L’intelligenza artificiale è uno dei trend del momento e se ne sente parlare pedissequamente da circa tre anni, ovvero da quando OpenAI ha lanciato ChatGPT: il programma di Sam Altman che sta cambiando radicalmente le dinamiche non solo della robotica ma di molti settori dell’economia.
Sono tante le cose che si potrebbero affermare riguardo all’intelligenza artificiale ma ce n’è una che è indubbia: andrebbe sempre considerata un mezzo, mai un fine, perché in realtà non è una vera “intelligenza”; questo termine viene utilizzato in maniera impropria.
Non è presente alcun cervello che elabora pensieri e idee: c’è una macchina a interfacciarsi con l’utente, non una persona in carne e ossa. Eppure il suo modo di rapportarsi induce facilmente nell’errore. Ed è questo uno dei maggiori pericoli da cui appare necessario mettersi in guardia, tutelarsi.
L’intelligenza artigianale rappresenta un valido antidoto all’intelligenza artificiale, nel senso che se è vero che il progresso non si può fermare ma appare altrettanto valido il ragionamento per cui occorre lavorare con cognizione di causa, adottando il modus operandi che contraddistingue la tradizione di cui facciamo parte.
Ed è in questo vorticoso equilibrio che ci muoviamo anche in NUMI, sospesi tra innovazione e sapere artigianale.
Cos’è l’intelligenza artificiale in parole semplici?
Ma cos’è, allora, l’intelligenza artificiale? Per cercare di portare chiarezza proponiamo la definizione che ne offre il Parlamento Europeo:
“L’intelligenza artificiale (IA) è l’abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività.”
A cosa serve? Sempre secondo il Parlamento Europeo, contribuisce a comprendere meglio ciò che avviene in un determinato contesto o ambiente, stabilendo relazioni e dinamiche positive alla risoluzione dei problemi.
Lo fa in autonomia e analizzando pedissequamente una notevole quantità di dati inerenti determinati processi e/o comportamenti.
Applicazioni e limiti dell’Intelligenza Artificiale
Gli usi dell’intelligenza artificiale non si limitano ai programmi come quelli di OpenAI, Google o il recente DeepSeek di cui si sente molto parlare perché open source. Ecco alcuni esempi per quanto concerne le applicazioni attualmente approntate nei vari settori della società e dell’economia:
- Implementazione degli assistenti personali all’interno dei dispositivi digitali quali smartphone, tablet e computer.
- Adozione di funzionalità avanzate nei motori di ricerca e nelle applicazioni dell’IoT.
- Sviluppo di soluzioni di cyber security.
- Sviluppo di software di natura gestionale sempre più personalizzati e impostati nell’ottica di automatizzare compiti e processi, incluse le dinamiche relative alla vendita.
- Nell’automotive, inserimento di soluzioni automatiche legate a una guida più autonoma e potenzialmente sicura.
L’elenco potrebbe andare avanti ancora a lungo ma non vuole essere un elogio di per sé né del progresso né della stessa intelligenza artificiale. Desidera mostrare più che altro una carrellata di cosa sta accadendo.
I limiti principali del sistema sono però evidenti, anche perché ancora mancano normative adeguate a proposito, a fronte di un business che cresce a macchia d’olio. Nel panorama dell’informazione, il rischio più evidente è quello di una perdita delle fonti e persino di ragionamento, questo per quanto concerne soprattutto le generazioni più giovani: gli insegnanti si trovano ad affrontare un compito di sensibilizzazione e monitoraggio decisamente ampio.
Ecco allora che occorre non dimenticare il passato e le abilità conseguite in una storia millenaria. Bisogna ricordarsi che esiste anche l’intelligenza artigianale.
Il tema dell’intelligenza artigianale
L’intelligenza artificiale è recente, l’intelligenza artigianale esiste da sempre: esistono infatti i mestieri antichissimi, i quali si basano su innovazioni che ormai appaiono quasi senza tempo, risalenti a migliaia di anni fa.
È questo anche il caso delle soluzioni di design capaci di coniugare innovazione e sostenibilità, prendendo spunto dal passato e dalle moderne tecnologie per proporle in una forma nuova. Qualcosa che parte necessariamente dall’esperienza nonché da un modo di fare le cose che è prima di tutto manuale, basato sui sensi e sul ragionamento umano.
Per parafrasare un’affermazione di Piero Garbellotto – Amministratore Delegato della Garbellotto S.p.A., azienda leader nella produzione di botti e barriques, nonché Presidente della Prosecco Doc Imoco Volley Conegliano – è il sapere artigianale a salvarci ogni qualvolta occorre ricostruire.
Ed è quello che è accaduto in momenti topici come l’alluvione in Emilia Romagna oppure la stessa emergenza sanitaria subentrata durante il periodo COVID-19, per citare due accadimenti recenti e vicini a tutti noi.
L’intelligenza artigianale è quel qualcosa che sta alla base dei progetti più validi, è quello che invidiano agli italiani quando vanno a lavorare nelle imprese estere, essendo frutto di un patrimonio e di una storia incommensurabili, ciò che contraddistingue inventori e artisti.
È quello che impedirà alla meccanizzazione di prendere il sopravvento, perché il cervello umano non può essere sostituito da niente né da nessuno. Nemmeno da un programma innovativo come ChatGPT.
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